Studio Pragma

L’equilibrio tra spazi cromatici e trasparenze nella realizzazione dello Studio Pragma di Fano

Non solo una ristrutturazione, ma un dispositivo spaziale che ripensa il modo di lavorare, di incontrarsi e di orientarsi negli uffici, secondo la concezione del progettista Paleani

Quando sono entrato per la prima volta in questi locali”, racconta l’Ingegner Paolo Paleani che ha curato la ristrutturazione “mi sono trovato davanti a un corridoio che ricordava le vecchie colonie: un lungo corridoio con diverse porte in legno, tutto chiuso da tramezzature. A quel punto mi sono detto: se vogliamo cambiare la logica di questo spazio, non possiamo continuare a spazi chiusi”.

La realizzazione dello Studio commerciale e tributario Pragma di Fano nasce proprio da questa consapevolezza: l’impianto distributivo era quello tipico degli uffici di un’altra epoca, con spazi confinati da pareti piene e nessuna relazione visiva tra un ambiente e l’altro. Un assetto funzionale ormai superato, in cui la luce naturale della finestratura continua perimetrale veniva frammentata e dispersa.

Ormai si sta più tempo al lavoro che a casa”, spiega Paleani, “quindi il posto di lavoro deve essere un luogo dove si vive bene, dove si sta al massimo del comfort per poter produrre. Secondo me questo è l’elemento chiave della progettazione di uffici”.

Il progetto parte da qui: la qualità spaziale non è più un plus estetico ma una componente strutturale della produttività.

La strategia è stata netta: demolire i confini opachi e sostituirli con pareti vetrate a tutta altezza della serie Unica®, integrate con i contenitori Quadra. Non si tratta di un open space indiscriminato, ma di un tessuto di cellule trasparenti dove ogni ufficio mantiene privacy e benessere acustico, ma partecipa di un’unica percezione continua del piano.

L’obiettivo principale era massimizzare la luce naturale”, precisa il progettista. “Il fatto di poter vedere attraverso le pareti vetrate cambia completamente la percezione visiva dell’ambiente, che sembra molto più ampio”.

Il corridoio da semplice spazio di distribuzione diventa spina dorsale abitata: i contenitori incassati nelle partizioni scandiscono il percorso, alternando trasparenze e blocchi pieni colorati.

Invece di avere un corridoio completamente libero e trasparente, dove sembra quasi di essere come pesci dentro un acquario “, spiega Paleani, “abbiamo dato un colore particolare a questi mobili. Alternando nel corridoio questi elementi, si creano pieni cromatici che ti fanno sentire sempre dentro uno spazio caldo, perché il solo vetro è percepito come un materiale freddo”.

Il risultato è una sequenza di episodi, non più una linea monotona. La trasparenza è usata come strumento selettivo: permeabilità visiva sì, ma con prestazioni acustiche che permettono telefonate e riunioni senza interferenze.

È come se fossi in un’opera aperta, ma con le caratteristiche di privacy necessarie: quando sei nel tuo spazio e parli, non disturbi gli altri”, precisa il progettista. “Questo è molto importante, perché negli open space tradizionali succede spesso che ci sia un rumore di fondo causato dal riverbero del suono. In questo contesto, invece ti sembra di lavorare in un ambiente condiviso con tutti, ma in realtà c’è la discrezione dello spazio personale”.

Ne deriva una concezione contemporanea del workspace in cui luce naturale, controllo del rumore, ritmo dei pieni e dei vuoti e qualità delle relazioni visive vengono progettati come un unico sistema.

Di solito si lavora in squadra, no?”, conclude Paleani. “Un team di lavoro funziona quando c’è condivisione, conoscenza, rapporto con gli altri. Per me è fondamentale, perché altrimenti quando non c’è il giusto benessere fisico e psicologico, si finisce per non amare il posto di lavoro. E ormai passiamo così tante ore in ufficio che questo aspetto non va sottovalutato”.